lunedì 13 agosto 2012

RICORDI DI GUERRA

Riporto le mie esperienze di bambina durante la seconda guerra mondiale, una piccola goccia di sofferenza in un grande mare.
Gli avvenimenti narrati si svolgono a Settimello, piccolo paese vicino a Firenze, quando la popolazione, per proteggersi dalle incursioni aeree e dal cannone, si rifugiò nelle gallerie dalle quali si estraeva la pietra per fare il cemento. Al tempo erano lunghe circa 10 Km, scavate su più livelli; lì tutta la popolazione, circa 1800 persone, rimase per quaranta giorni e quaranta notti, fino alla liberazione del paese da parte delle truppe alleate. 
Più volte sono stata nelle scuole a raccontare la mia esperienza, a leggere le mie poesie. Gli alunni hanno sempre seguito la particolare lezione con interesse ed emozione e ricordo che una volta  un bambino ha detto:
- Noi abbiamo letto questi fatti sui libri di storia, ma a sentirli così, da chi li ha vissuti, arrivano dritti al cuore, ci fanno sentire emozioni forti.–
La lucentezza dei suoi occhi stava a testimoniare la sincerità delle sue parole.
Questo ci conferma ancora una volta come, se la parola comunica i sentimenti attraverso il tempo e lo spazio, di sicuro la poesia li amplifica, è coinvolgente, lascia un segno.
 VERDE COLLINA

Verde collina,
ti guardo
e mi rivedo bambina
quando allor leggera,
fra sentieri serpeggianti,
salivo lungo i tuoi fianchi
e tra le balze
coglievo le prime viole
poi le ginestre in fiore.
Tante volte
dal mio paese sito ai tuoi pie’,
mia amata collina,
raggiunsi la tua cima
ed ogni volta
era un rinnovarsi d’emozione
mentre davo filo al mio aquilone.
Traforato di gallerie
t’avevan reso
i minatori il ventre
pur senza violare
l’esteriore tua bellezza 
Poi il volto disumano della guerra
cambiò il mio andare:
non più percorsi sereni,
profumi di fiori,
il filo dell’aquilone
mi sfuggì dalle mani
e iniziò l’affannante corsa
su e giù per la china
al suono intermittente della sirena
 per trovar rifugio
nelle cave della collina,
mentre gli aerei,
senza distinzione,
s’alleggerivan di bombe
seminando morte e distruzione.

Franca Cioni




 FORMICHINA


Sappi bambina,
anch’io sono stata formichina,
nei tempi ormai lontani della guerra
quando il pancino mio chiedeva pane
e la madia ne era sprovvista.
Vagavo per i campi
sotto il cocente sole,
fra gli zeccoli di grano ormai tagliato,
raccogliendo le rimanenti spighe
che al contadino erano sfuggite.
Cercavo tutto il giorno,
fino a sera,
finché la borsa mia ne fosse piena.

Franca Cioni





INCURSIONE AEREA 1944 
Irto,
lungo era il sentiero
e di terrore
palpitava veloce ogni cuore.
Nell’affannante corsa
li vidi
sopra di noi
scendere in picchiata
come grandi rapaci
inferendo
sul nostro piccolo paese,
lasciando cadere
ordigni assordanti,
devastanti.
Dall’alto
volsi lo sguardo giù,
ai piedi del monte,
dove le case,
abbandonate in fretta,
vidi ferite,
semicoperte
da nubi nere di morte,
solo il campanile della chiesa
vi scorsi indenne.
E nell’ormai placato silenzio
rintoccava lento
il suono della campana
invitando alla preghiera.

Franca Cioni 


1944 SPERANZA DI UN'ALBA DI PACE
Alle pareti accosto
fra tre lati il letto,
il freddo della notte,
le coltri troppo corte,
il buio nella stanza,
la candela ormai spenta,
il sonno turbato,
il pancino vuoto,
non aver pane e 
nell’incubo sognare
di mangiarsi le mani.
La mamma che ti desta
nel pieno della notte,
il vestirsi in fretta,
l’affannar nella corsa
verso rifugi più sicuri
mentre il sorvolar
degli aerei sulle teste
pronti a sganciar morte.
Svegliarsi al mattino
da fievole luce
privi del quieto vivere
e sperare a sera,
prima di dormire,
che dalla piccola finestra
in alto sul tetto
una nuova alba radiosa di pace
ci possa svegliare.

Franca Cioni 

MIA PICCOLA GRANDE AMICA

Col trascorrere del tempo

l’immagine del passato
sbiadisce dalla mente,
diventa più tenue, più sfumata,
ma il ricordo di te è indelebile,
mia piccola grande amica.
Con te divisi il banco di scuola
nei difficili anni di guerra,
la sofferenza e la paura ci univano.
Quando le sirene
annunziavano incursioni aeree,
ci tenevamo strette strette,
prese dal terrore.
Il freddo e la fame facevano parte
del nostro vivere quotidiano.
Le nostre mani, gonfie di geloni,
spesso si cercavano per darci un po’
di reciproco sollievo.
Nel banco di scuola freddo e gelido
eri solo tu la fonte di calore,
con i tuoi occhioni celesti,
le lunghe trecce bionde
e un cuore grande e generoso. 
Quando tuo padre riusciva a trovare
un po’ di legna da ardere
per cuocere un poco di pane,
tu ti ricordavi sempre di me!
Mentre sul banco scartavo
quel piccolo fagottino,
i tuoi occhi si illuminavano di gioia,
la gioia del donare.
La guerra
si fece sempre più violenta
e una scheggia ti fece cadere
nel buio della notte.
Tu non vedesti sorgere il sole
della pace e della libertà
che insieme
avevamo tanto desiderato,
ma voglio immaginarti in una luce
dalle dimensioni più grandi
mia piccola grande amica!

Franca Cioni



         EROICA MADRE 

Avanzava il nemico in pattuglia
e catturò tuo figlio quindicenne
e tu, madre in corsa,
col cuor palpitante,
ti incamminasti verso i poggi,
sul frastagliato sentiero
sparso di sangue,
sperando ti conducesse a lui
e le tue lacrime cadean su quelle gocce.
Fu trepidante il tuo cammino
e le tue forze te le sentisti mancare.
Infin lo scorgesti,
incatenato al cipresso
e i tedeschi intorno 
lo minacciavan di morte.
Cadesti in ginocchio davanti al nemico
e pietà implorasti.
Ridiscesi a valle stringendo il figlio
e le tue lacrime avean cancellato
il sangue sul sentiero del ritorno.

Franca Cioni

           E MI CHIEDEVO IL PERCHE' 
Tuonava il cannone,
gli aerei lanciavano le micidiali bombe:
stava crollando il mio piccolo paese.
Distruzione e morte videro i miei occhi.
E mi chiedevo il perché.
Forti, protettivi erano i miei genitori,
deboli , smarriti, frustrati mi apparvero quando,
con le poche cose in spalla,
lasciammo l’amato paese
insieme a tutti gli abitanti,
in fila, silenziosi, con passo sostenuto
ci incamminammo sugli irti e sassosi sentieri
che conducevano alle buie gallerie di cemento.
E mi chiedevo il perchè
Sopra miseri giacigli,
allineati gli uni accanto agli altri,
nelle umide viscere della terra,
illuminati da deboli fiammelle al carburo,
cercammo riparo dall’infuriare della guerra.
Nuove, inimmaginabili, inumane sofferenze
ci attesero nei successivi quaranta giorni
e fu terrore fra le buie caverne.
E mi chiedevo il perché.
Erano laceri i nostri vestiti,
i volti smunti, color della terra,
rivelavano patimenti e fame.
Gli invasori, con passi pesanti e mitra spianati,
si introducevano calpestando i miseri giacigli,
infondendo terrore catturavano gli uomini
annientando la loro volontà
per condurli verso chissà quale triste destino.
Era un fuggi fuggi,
mentre colpi di mitra risuonavano
nelle umide e sassose grotte.
Spietato e violento era il nemico,
mio padre una delle sue prede:
piangevo e tremavo per lui.
E mi chiedevo il perché.
Nel costante buio, ad occhi aperti,
sognavo l’azzurro del cielo,
il sorgere ed il tramontare del sole,
ricordavo il canto dei grilli nella notte, 
l’insistente ciarlare delle cicale,
il volare degli uccelli,
i loro cinguettii ignari e liberi;
avrei voluto
che avessimo tutti le loro ali e volare
per allontanarci dall’inferno di guerra,
ma non potevamo.
E mi chiedevo il perché.
Franca Cioni

                           I PARTIGIANI 
Eran ragazzi sbocciati nella tormenta
e nelle intemperie dell'atroce guerra.
Li osservavo dalla finestra
nella sottostante piazza, attratta dal biondino
e nel guardarlo mi acceleravano i battiti del cuore di bambina,
allora non capivo il perché,
oggi lo so era amore.
Udivo il loro bisbigliare 
e sempre dovean guardarsi attorno
perché prede eran dell' invasor nemico.
Calò il silenzio nella deserta piazza,
mi giunse un sottil fil di voce:
-Son partiti, ora son partigiani-
e una lacrima vidi scender sul volto di quella triste madre.
Sempre più violenta infuriò la guerra,
sfollati noi abitanti nelle gallerie
e i partigiani a combatter l'invasore in aspre battaglie.
Di rosso si macchiarono i sentieri e i prati
sulle pendici di monte Morello.
Infine entrarono in paese liberatori,
in testa alle truppe americane,
e quando giunsero armati ai nostri rifugi quei ragazzi
io li vidi uomini maturi.
Invano fra loro cercai quegli occhi azzurri,
la sua vita perì nella guerriglia
e come lui tanti partigiani per donare a noi la libertà. 

Franca Cioni

                    PRIGIONIERE NELLE GALLERIE 


Guardava fuori dall'imbocco della galleria,
osservava i rovi dove le more
da rosse si facean mature.
Era rischioso uscire dal rifugio,
bastava ci vedessero brulicare
il cannone principiava a martellare.
Lei lo sapeva il rischio che correva,
ma l'insistente fame
la spinse verso i frutti dei pungenti rovi.
L'avvistarono subito là, oltre l'Arno
ed all'istante le aprirono il fuoco del cannone.
Fu così intenso e lungo il suo tuonare
e nubi di morte vidi salir nel cielo.
Credetti ormai perduta la sorella
quando, dalle polveri,
si fece avanti un'esile piccina,
spaurita, polverosa e bianca,
nelle sue mani teneva ancor strette le more
e le aprì per me nel suo donare.

Franca Cioni


INDIMENTICABILE MADRE

Indimenticabile madre,
costretta a farci crescere
nel terrore della guerra.
Per sostenerci di tutto ti privasti,
facesti scudo con la tua vita
davanti a noi e al marito
braccato dal nemico.
Dai popolati rifugi dei disperati
scendevi a valle tra fuochi incrociati,
attingevi acqua dal pozzo
fra le macerie del deserto paese,
cercavi briciole di cibo
nei campi ormai spogli,
mentre l'incessante fuoco del cannone
trepidar ci facea per la tua sorte.
Dalle tenebre
i nostri occhi fissavan quella luce
nella quale la tua esile figura
sarebbe apparsa. 
Ad ogni tuo ritorno
ci placavi il cuor trepidante d'angoscia.
Dimostrazione
di profondo e grande amor
ci donasti, da rimaner così presente.
Preparare sapesti in noi
i cuori di future madri.

Franca Cioni

TERRORE NELLE GALLERIE 
Scavo nel mio passato e giungo a te Maria,
quando il nemico,
provocando terrore,
si introduceva nella galleria
e subito l'allarme correa come saetta
fra i giacigli, lungo i binari.
Gli uomini fuggivan, cercavan salvezza
dalla caccia spietata
che a lor facea il nemico.
E tu svelta Maria
nascondesti il figlio sotto il giaciglio,
in una buca fatta da te
con le tue nude mani,
l'avvistò il nemico nella scarsa luce
e poi gli sfuggì alla vista.
Vollero saper da te
dove rifugiato era il figlio
e tu negavi,
dicevi che figli non ne avevi.
E fosti presa di mira 
e il mitra ti puntarono alla gola 
e con violenza ti spinsero
contro la parete rocciosa della galleria.
Per lungo tempo ti minacciarono con le armi
e le inafferrabili parole.
Ma il tuo amor di madre non si lasciò tradire,
ti facesti portar via al posto del figlio.
Ti trovasti nel buio più buio della notte
e del tuo grido di pietà risuonò l'eco trai poggi.
Terrorizzata allor ti vidi con occhi di bambina.
Oggi ti ricordo e ti rivedo che son già madre,
penso a te Maria
e a quell'amore inconfondibile che teniam per i figli.

Franca Cioni

AMORE DI NONNA 

Fra le macerie della guerra,
nello scavare in quel passato,
anche amore ho ritrovato,
il tuo amore nonna.
Tu non frenasti il coraggio
per poterci infin riabbracciare,
ti esponesti ai colpi del cannone,
mentre gli aerei, senza pietà,
sganciavan bombe.
Percorresti vie e sentieri
martoriati dalla guerra
e deserto trovasti
il nostro paese,
solo macerie
riempivan le strade.
Vedesti porte scardinate,
case depredate
e si allungò il tuo passo
sugli irti sentieri,
verso i rifugi. 
Col fiato in gola,
varcasti l'imbocco
della galleria
e davanti ad un nero squallore
ti trovasti:
moltitudine di esseri umani
giacean per terra
fra le ramificate caverne.
Allucinanti immagini
semicancellate nel buio,
solo tanti occhi spauriti
vedesti nitidi luccicare. 
Ci cercavi piegandoti,
barcollando nel semibuio
e nel trovarci
non riuscisti a frenare
il disperato urlare
e coro ti fece il pianto
nel risveglio
degli affamati bambini.

Franca Cioni



                            LA LIBERAZIONE
 
Un sacco sulle nostre spalle,
di povere cose,
con madre e sorella uscimmo,
dopo quaranta giorni,
dall'eterna notte delle gallerie.
Cacciato avevan l'invasore,
finalmente liberi,
ma regnava angoscia ancor nei nostri cuori:
solo,
mio padre
era uscito all'alba in cerca
del corpo del fratello,
cinque innocenti, 
strappati ai figli nelle gallerie
dall'infame nemico,
li avevano ammazzati
e chissà in qual campo o bosco
li avrebbe ritrovati.
Scendemmo a capo basso, 
era impossibile osservare il sole,
abituati al buio eran gli occhi.
Procedevamo con passi incerti,
fra i sentieri martellati dalla guerra,
osservavo qua e là devastazioni:
per primi mi colpirono gli olivi
che inermi eran rimasti lì
testimoni,
sradicati,
abbattuti con costante violenza dal cannone

e le micidiali schegge
che brulicavano tra i sassi e l'erbe secche.
Giunti alle prime case,
ai miei occhi
apparvero rovine
non v'era abitazione
che non avesse subito i colpi del cannone.
In lontananza
sulla strada cosparsa da residui di guerra,
vidi avanzar mio padre:
con un carro portava
il caro corpo del fratello morto.
Lasciai cader il sacco dalle spalle
e in corsa verso casa proseguii col pianto.

Franca Cioni


                                        LA PIETA' 
Divisi con lui i miei giochi,
a volte negati,
interrotti dall'infuriar di guerra.
Il nemico in fuga
sotterrò morte nei campi.
Nei lunghi filari delle viti,
dove invitante,
frai pampani,
pendeva la succosa uva,
l'attese la trappola mortale.
Sul carro trainato da buoi, lo vidi,
l'amico era già spento.
Notai due puntini rossi
sul suo nudo petto
che segnarono un fine alla sua vita
stroncata ancor prima d'essere sbocciata .
Lo vegliai a lungo
accanto alla madre
che fino all'ultimo lo tenne sul suo grembo
a dorso nudo,
fra le sue braccia
e a tutti mostrava il petto trafitto
come volesse chieder spiegazione ,
ma nessuno
le seppe dire il perché dell'innocente morte.
Io l'ho rivista quella madre
composta e afflitta
con una vita spenta sul suo grembo
nell'opera di profonda bellezza
che Michelangelo scolpì.

Franca Cioni
IL PARCO DEL NETO

 
Il mio pensiero fugge nel passato
e tutto giunge nitido ai miei occhi,
rivedo sorgere accampamenti
di soldati americani e,
in lontananza , colpi di cannoni.
I camion militari affondano nel fango,
profonde rotaie solcano i prati
ormai ridotti in melma
e dalle pozzanghere acre
si leva odore di benzina.
Noi bambini, sempre presenti,
vestiti con stracci e piedi infangati,
a mano tesa, aspettiam le briciole
che cadon dai piatti dei soldati,
come tanti passerotti affamati
che si fan intorno alle case
quando il tempo minaccia neve
e han paura ciò che sarà domani.
Nel parco, da tempo,
son rimarginate le ferite
sotto la coltre dei verdi prati,
e nei viali alberati
si respira aria di serenità.
E se tu porrai attenzione
sentirai fra il fruscio delle foglie
mosse dal vento
un dolce sibilar "qui regni pace".

Franca Cioni


PICCINA MIA 

Piccina mia,
tu mi restituisci la mia infanzia perduta,
negata, tormentata dagli anni di guerra.
Quando ti vedo dormire serena nel tuo lettino, 
mi ridai i miei sogni che furono disturbati,
interrotti dai bombardamenti nella notte;
quando ti vedo gustare l'abbondante cibo,
mi sazi dei pasti perduti;
quando indossi i caldi vestitini
che ti riparano dal freddo,
mi rivesti del calore che non ebbi;
quando ti vedo giocare serena e felice,
mi fai riprendere i giochi interrotti
dal devastante rombo del cannone;
quando vedo il tuo visino sorridere, 
pieno di giocondità,
svanisce la tristezza pensosa 
che appariva sul volto di mia madre
e la rivedo serena.

Franca Cioni

Al tempo del conflitto avevo dodici anni e ho trascritto in versi le mie memorie e le mie emozioni di bambina raccogliendole nel libro

“LE STAGIONI DEL RICORDO” EDIZIONE CHEGAI

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